The occasion of the solitude

Durante la mia vita mi sono sentita in molti modi: spaventata, felice, rassegnata, ma mai sola. Non ho mai avuto un folto gruppo di amicizie. Conosco molte persone piacevoli, ma non penso che i miei sentimenti siano una preoccupazione per ognuna di esse, così come i loro non ne costituiscono una mia. (Escludendo il fatto che oggi i social network incidono fortemente sul grado di conoscenza che attribuiamo a una persona, o su come noi ci affezioniamo ad essa anche se solo virtualmente).

La mia mancata solitudine non è frutto quindi di un enorme numero di persone che mi circondano di attenzioni dal momento in cui esprimo un disagio. Indubbiamente ne ho, ma sono poche e buone.
Il motivo per cui non ho mai avvertito la solitudine è forse perché non sono mai riuscita a fare del problema che stessi affrontando “il mio esclusivo problema” e a scindere l’individuo che sono, per quanto indipendente, dal resto della comunità che gli Uomini costituiscono. Sapere che tutte le persone in fila come me alla cassa del supermercato stiano facendo i conti con qualcosa di poco piacevole mi rende vicina a loro. Avere la consapevolezza di ciò non mi procura sollievo, ma rende la paura un luogo più affollato.

I problemi tendono a mangiarci. Una volta inghiottiti è difficile capire che ognuno di noi è il potenziale pasto delle proprie paure. Ed una volta finiti al buio nella pancia del pescecane è complicato guardarsi intorno e distinguere qualcosa di diverso se non noi stessi, soli.

Osservare le altre persone è un ottimo esercizio per noi stessi.

Siamo meno soli di quello che pensiamo, ed è questa forse la cosa che più ci spaventa e che invece dovrebbe confortarci. Guardare in faccia l’altro leggendogli le debolezze negli occhi, potrebbe toglierci il diritto di lamentarci della nostra infelicità, e questo non ci piace.

Molte volte ho desiderato di essere sola per lasciare esplodere ciò che sentivo senza rischiare che i detriti ferissero altre persone intorno a me, ma mai ci sono riuscita, trovando in compenso anime disposte a farsi colpire restandomi accanto, aspettando il loro turno di essere guarite.

Quando si presenta, lasciamo che la solitudine diventi un’occasione per concentrarci sulla globalità del mondo a cui apparteniamo, e non del singolo spazio che ne occupiamo.

During my life I felt in many ways: scared, happy, resigned, but never alone.

I’ve never had a large group of friends. I know a lot of nice people, but I don’t think that my feelings are a concern for all of them, as well as their feelings are not mine first concern. (Excluding that today, the social networks seriously affect on the level of relation that we give to a person, or about how we become attached to this person, even just virtually).

The my missed solitude is not the product of a massive number of people who surround me with attention from the moment I show some unease. Of course I have some of them, but they’re really few and good.

The reason why I never felt alone is maybe that I’ve never been able to make about the problem that I was facing the “my exclusive problem” and separate the fellow that I am, for how independent I could be, from the rest of the community that Humans being costitute. Knowing that all the people in the queue near me are dealing with something not really nice makes me feel close to them.

Being aware of that doesn’t make me feel better, but makes the fear a crowded place.

The concerns and problems tend to eat us. Once you’ve been swallowed is hard see that everyone could be the meal of his own fears. At the end, once you’re in the dark shark’s stomach, it’s complicated to look around and notice something different from us, alone.

Observing people is an excellent exercise for ourselves.

We’re less alone than we think, and probably this is the thing we are most afraid of, while we should accept it. Looking in the face someone reading his witness in his eyes, could take off to us the right to complain about our unhappiness, and we don’t like it.

Many times I’ve desired to be alone, to let blow up feelings without the risk to hurt other people around me, but I never could, finding instead souls prepared to be hit standing close to me, waiting for their cure as well.

When the solitude comes, let it became an occasion for us to be focused on the whole world that we belong to, instead on the single space we occupy on it.

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